5. Uno strano guardare
Seduto su un muretto, alzati gli occhi al cielo: “mi duole il collo”, penso: lo sguardo cade insieme alla testa sulla strada, e di lì a pochi passi osservo: un cane attraversa, vestito di un pelo grigio screziato di luce. E il sole splende, in alto.
Rifletto: “normale pastore tedesco (randagio? forse)”: il cane ha quasi attraversato.
Poi: al mio fianco ora, mi fissa (“strano…”), ricambio.
Mi distraggo e nella pozzanghera sotto al muretto noto i miei occhi galleggiare molli, indefiniti e tremolanti. E nei suoi occhi i miei, pure, più tondi e stretti, a intercettare, riflessi, il mio stesso sguardo.
Adesso: non so più quali dei sei mi appartengano, e il cane sorride (“lo immagino”, penso) senza muovere le labbra, e quella luce strana nel pelo: scomparsa. E il sole splende, in alto.
E poi lo sguardo: dieci, venti, trenta volte ampio. Il parco ora un puntino e della strada non v’è traccia.
Il tempo è passato, adesso, lo sguardo nuovamente uno.
Sento un abbaiare in lontananza, e un peso di luce sulla nuca. E il sole splende, in alto.